San Catello “protettore dei forestieri”

San Catello, vescovo vissuto nella seconda metà del VI secolo, è venerato come patrono della città di Castellammare di Stabia.

La sua biografia è ancora in parte avvolta nel mistero e nella leggenda. Di sicuro sappiamo che è vissuto nella seconda metà del VI secolo e la sua vita  si incrocia con quella di San Antonino Vescovo, venerato nella città di Sorrento. I due vescovi erano soliti ritirarsi in preghiera sul monte Faito dove la leggenda vuole abbiano avuto in visione l’Arcangelo Michele e in suo onore fecero erigere un tempio a lui dedicato. Ancora oggi sul monte Faito troviamo il piccolo “Santuario di San Michele” verosimilmente ricostruito, in tempi recenti, sui resti del vecchio tempio. Il vescovo Catello si prodigò nell’ accoglienza di chi fuggiva dalle incursioni del popolo  longobardo e per tale motivo gli fu attribuito l’appellativo di “protettore dei forestieri”. Singolare è anche il fatto che il termine “forestiero” venga utilizzato nel dialetto locale per indicare i turisti, legando ulteriormente la città e il suo Santo ad una vocazione turistica da sempre presente sul territorio.

La Concattedrale dedicata a Santa Maria Assunta

San Catello viene venerato nella Concattedrale di Santa Maria Assunta dove nella cappella a lui dedicata (recentemente restaurata)  è situata la statua raffigurante il Santo. Statua lignea dell’inizio del XVII secolo (1609), opera dello scultore Giovanbattista Vigliante,  di pregiata fattura, rappresenta un unicum nel suo genere. Infatti, contrariamente all’ iconografia classica, che vuole i santi rappresentati a mezzo busto, la statua raffigura il Santo inginocchiato su un cuscino con i paramenti da vescovo: il piviale e la mitra dorati, il bastone pastorale e l’anello.

La Cappella di San Catello all’interno della Concattedrale

Ed è proprio all’ anello che è legata un tra i più suggestivi miracoli attribuiti al Santo. La leggenda vuole che in un periodo di grande carestia che stava affamando la città, San Catello sia apparso nelle sembianze di un vecchio al capitano di una nave carica di grano che transitava nelle acque del golfo. Il vecchio pregò il capitano di vendere il suo carico alla popolazione affamata e a garanzia lasciò in pegno un prezioso anello. Il capitano mosso a compassione accettò e scaricato il grano in città si recò nella cattedrale. Lì riconobbe nella statua del Santo le sembianze del vecchio con cui aveva contrattato lo scambio e i fedeli notarono che l’anello lasciato in pegno era quello del Santo, facendo così gridare al miracolo.  

Grazie all’ intercessione del  Santo si vuole la città risparmiata dalle eruzioni del Vesuvio e scampata ai bombardamenti del seconda guerra mondiale.

Il culto di San Catello è molto sentito nella città tanto da dedicargli, durante l’anno, due feste. Una il 19 gennaio (festa liturgica) e un’altra la seconda domenica di Maggio (festa legata al patrocinio del Santo). In entrambe le festività la statua viene portata in processione.

La processione, molto partecipata dalla popolazione, viene presenziata dal Vescovo, dal clero, dai rappresentanti delle numerose congreghe presenti in città, dalle autorità cittadine. La statua viene trasportata a spalla dalla “paranza” dei portatori. Molti di essi assolvono tale compito per fede, per tradizione tramandata da padre in figlio,  per voto fatto o per una grazia ricevuta. Tutto il rituale viene capitanato dal “capo paranza” che al grido di “levate e furcine” o “mettite e furcine” (le forcine sono dei bastoni, al cui trasporto attendono solitamente dei ragazzi, alla cui sommità è posta una forcina che serve per far appoggiare gli assi su cui è montata la macchina processionale) segna il passo della processione e delle soste rituali, tra cui una delle  più suggestive è quella in corrispondenza dell’arco di San Catello su via Mazzini.

La processione si snoda per le strade del centro antico della città e una delle tappe più significative è la sosta nel Cantiere Navale di Castellammare di Stabia (processione del 19 gennaio), dove le maestranze tutte accolgono, in un abbraccio corale, la statua del Santo e a cui segue un momento di preghiera e di riflessione presieduto dal Vescovo. Il Cantiere Navale, voluto dai Borboni nel XVII secolo, è uno delle maggiori “fabbriche” della città, che da secoli, unitamente alle acque termali, rappresenta una delle più importanti risorse economiche per il territorio.

La storia secolare del cantiere e delle sue maestranze non poteva non intrecciarsi in maniera viscerale con il culto di San Catello. Infatti le maestranze si affidano al Santo nel momento  più suggestivo e più delicato che è quello del varo. E’ usanza apporre sulla prua della nave, prima del varo, immagini che rappresentano San Catello, la Vergine e altri santi a cui si chiede di vegliare sulla nave e li si ringrazia per essere riusciti a portare a termine l’opera.

il Santo nel Cantiere Navale
Le maestranze del Cantiere Navale in attesa dell’arrivo del Santo

Per uno stabiese, così come un turista presente in città nei giorni della festa, partecipare alla processione significa immergersi nell’anima della città e della sua popolazione. Basta incamminarsi al seguito della statua del Santo per le strade del centro storico, un vero scrigno di tesori architettonici e culturali, lasciarsi rapire dalla bellezza dei fabbricati alle cui ringhiere vengono calate  coperte ricamate, emozionarsi al lancio dei petali di rose dai balconi, sostare nel piazzale del Cantiere Navale per sentire la calorosa accoglienza e l’emozione delle maestranze, respirare i profumi e gli odori provenienti dalle cucine dei bassi delle strette strade del centro antico, volgere un saluto all’effige del Santo posta nei piccoli altarini votivi realizzati lungo il percorso.

La processione per le strade del centro storico

Ritornare alla Concattedrale dove il Santo volge lo sguardo benevolo alla città prima di essere portato all’ interno. Quindi il  rito del caffè, accompagnato dall’ immancabile sfogliatella o dalla più tradizionale “scazzetta“, in uno dei tanti bar limitrofi alla piazza, e poi incamminandosi verso il lungomare (la villa) per far rientro a casa portando nel cuore e nella mente il ricordo di un giorno di festa.

E.L.   

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